ROMA ASPETTA ANCORA IL SUO PIANO REGOLATORE DELLE ANTENNE. LA CONSILIATURA VOLGE AL TERMINE E LA GIUNTA RAGGI NAVIGA A VISTA

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Mentre la consiliatura volge al termine la sindaca Raggi, impegnata in una esasperante, quanto illogica attività di sostituzione degli assessori (oramai abbiamo perso il conto), sembra aver smarrito il senso della realtà. Per ben cinque anni ha trascurato di attuare il Regolamento per la localizzazione ed installazione degli impianti di telefonia mobile, applicando ad esso la pianificazione urbanistica, strumento che lo avrebbe reso pienamente funzionante.

Roma così è diventata lo specchio dell’incapacità di una amministrazione che, dopo aver ereditato dalla precedente Giunta Marino un buon provvedimento, si è impantanata nell’inerzia più assoluta, impedendo che il processo di regolamentazione di un fenomeno deprecabile come quello di “antenna selvaggia” potesse essere ricondotto nell’alveo della pianificazione controllata, attraverso cui il bilanciamento degli interessi (copertura della rete/razionale ubicazione delle infrastrutture/tutela della salute) trovasse il suo punto di equilibrio.

L’assenza di un Piano regolatore delle antenne ha prodotto il caos e l’anarchia, così mentre l’apparato regolamentare, ben costruito sul predetto bilanciamento, ha superato a pieni voti il vaglio del primo livello di censure avanzate dagli operatori al Tar (2017), il giudice di secondo grado, dopo aver inutilmente tentato di coinvolgere nientemeno che la Corte di Giustizia Europea (2020), ha finito di recente per annullare le uniche parti del Regolamento capitolino, più deboli ed esposte alla carenza di uno strumento pianificatorio urbanistico.

Il Consiglio di Stato, con cinque sentenze pubblicate lo scorso gennaio, sposando un orientamento di parte della giurisprudenza sul tema, ha stabilito che il limite distanziale, contenuto all’art. 4 del Regolamento di Roma Capitale (niente antenne entro mt. 100 dai c.d. luoghi sensibili), non rappresenta un criterio di localizzazione, bensì un divieto generalizzato alla installazione degli impianti e, come tale, può costituire un ostacolo alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, al punto da pregiudicare l’interesse nazionale alla copertura del territorio, ai sensi del codice di comunicazione elettronica (d.lgs. 259/2003).

Tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato, con le medesime pronunce, ha ritenuto di “suggerire” all’amministrazione capitolina la modifica utile a rendere accoglibile il criterio di localizzazione, indicato nell’art. 4 del Regolamento: <Il Comune avrebbe potuto indicare invece i siti sensibili come luoghi in cui non procedere tendenzialmente alle installazioni, salvo comprovata necessità per mancanza di soluzioni alternative. Allo scopo sarebbe stato sufficiente non inserire al quarto comma dell’articolo 3 le parole “con l’obbligo del rispetto delle aree e siti di cui all’articolo 4 del presente regolamento”.> (Sent. CdS 206/2021).

Ovviamente, tale suggerimento è caduto nel vuoto!

Appare chiaro che un pronunciamento di questa portata, applicato ad un territorio fortemente urbanizzato come quello della Capitale, si traduce inevitabilmente in una sanatoria generalizzata per centinaia di antenne, collocate al tempo di “antenna selvaggia”, entro il raggio di cento metri. Per buona pace di quella ampia fascia di popolazione (scuole=bambini; ospedali=degenti; case di riposo=soggetti fragili), che continuerà a subire gli effetti potenzialmente nocivi per la propria salute dell’inquinamento elettromagnetico.

Ora, nonostante tale pronuncia abbia di fatto amputato un importante elemento di tutela del dispositivo normativo, va segnalato che l’impianto su cui poggia il Regolamento capitolino è stato legittimato dal giudice d’appello, consolidando il principio per cui gli enti locali sono pienamente titolati a disciplinare la collocazione delle antenne nel territorio, anche con l’introduzione di limiti e divieti, purché non generalizzati.

Dunque, il Consiglio di Stato ha ritenuto di far convivere disposizioni che dettano criteri cautelativi e prudenziali di carattere urbanistico con l’esigenza degli operatori tlc di realizzare la copertura capillare della rete di telefonia mobile, in un quadro di sostanziale bilanciamento di interessi.

La vicenda dei ritardi attribuiti alla Giunta attuale, già di per sé incresciosa e deprecabile, si arricchisce tuttavia di ulteriori dettagli.

Dagli atti delle commissioni consiliari capitoline (2020) emerge che il Dip.to Patrimonio, non avendo ancora completato il censimento delle aree di proprietà comunale, con le relative titolarità di gestione, rilascia, di norma, le autorizzazioni per le istanze di installazione di nuove antenne o loro adeguamenti, con il criterio del silenzio-assenso!

E’ un autentico scandalo, che spiega ancor più le pesanti responsabilità della Giunta in carica, che in questo delicato settore pare navigare a vista!

Dott. Giuseppe Teodoro

Vice presidente di Ecoland – www.ecolanditaly.it

Consulente delle amministrazioni comunali per le politiche di gestione territoriale delle infrastrutture di comunicazione elettronica

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