PRESENTATO IL PROGETTO #ROMA5G: PIU’ OMBRE CHE LUCI

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Il 16 marzo scorso il Sindaco Gualtieri ha presentato in conferenza stampa il progetto #Roma5G, un imponente programma di digitalizzazione della Capitale, con un investimento di circa 100 milioni di euro.

Alla luce delle esternazioni celebrative, il progetto promette di creare “la nuova architettura digitale della città, per garantire piena connettività 5G in tutti i punti nevralgici, nel segno della sicurezza e della sostenibilità ambientale”.

Apprezziamo l’idea che una efficiente rete infrastrutturale digitale di ultima generazione, in grado di fornire servizi essenziali per gli utenti, come la telemedicina, il controllo di videosorveglianza dei centri urbani, per aumentare i livelli di sicurezza, l’ottimizzazione del traffico cittadino, il monitoraggio dei dati climatici e della qualità dell’aria, ecc.., rappresenti un obiettivo ambizioso, ma necessario, per una Capitale europea come Roma.

Non vanno, tuttavia, sottaciuti o sottovalutati alcuni aspetti che, a nostro avviso, rappresentano criticità, che esigono puntuale riscontro e chiarezza.

Tra le osservazioni formulate nei confronti del progetto #Roma5G segnaliamo alcuni rilievi, uno dei quali, fra l’altro, è stato ripreso in un articolo di un quotidiano specializzato sulla economia digitale, che fa capo all’industria delle telecomunicazioni[1].

Il progetto prevede 6 mila small cells disseminate in ogni angolo del tessuto urbano. Si tratta, a detta dei promotori, di un volume di micro impianti, necessario per garantire la copertura capillare del territorio capitolino con i nuovi servizi di comunicazione mobile. E’, a nostro avviso, un numero esorbitante, che getta pesanti ombre sulla incidenza che le nuove infrastrutture possono provocare in termini di alterazione del fondo elettromagnetico. E vale a poco la raccomandazione, contenuta nel comunicato seguito alla conferenza stampa, che indica “ridotti consumi energetici e bassissime emissioni elettromagnetiche rispetto alle antenne tradizionali”.

E’ risaputo, ma è stato omesso nella presentazione (volutamente o meno?), che le piccole antenne, per quanto ridotte nelle dimensioni e, dunque, nell’impatto visivo ed estetico, non sono autosufficienti e neppure possono autoalimentarsi “comunicando” esclusivamente tra esse, ma hanno necessariamente bisogno di interfacciarsi con le stazioni radio base tradizionali, quelle, per comprenderci, posizionate sui tetti delle abitazioni o sui tralicci e pali a ciò predisposti.

Questo elemento, taciuto ai più, condiziona pesantemente il requisito della ecosostenibilità, sventolato nel progetto, evocando, piuttosto, uno scenario di preoccupante intollerabilità ambientale, sia sotto il profilo del rispetto dello skyline urbano, sia per quanto attiene la presunta riduzione dell’inquinamento elettromagnetico. Ciò, in quanto le migliaia di small cells disseminate ovunque, per essere operative, devono essere agganciate alle macro antenne, che, dunque, non saranno eliminate, ma, anzi rafforzate, cioè adeguate alle richiamate esigenze e ciò finirà per compromettere definitivamente i profili e la bellezza del centro storico più grande e importante al mondo, già patrimonio Unesco[2]!

Non solo, il 5G che verrà utilizzato, nella tecnologia più spinta, è quello dell’IoT (Internet of Things), cioè la capacità di interconnettere più oggetti tra loro. Ciò sarà possibile utilizzando le c.d. onde millimetriche, che agiscono ad elevatissime frequenze (24-27 GHz), a differenza delle precedenti tecnologie. Al momento non si hanno conferme scientifiche circa l’innocuità di tale tecnologia, pertanto, essa andrebbe applicata solo laddove gli spazi consentono di evitare eccessiva concentrazione e interferenze con la salute umana.

Tali elementi inducono a riflettere sulla capacità di diffusione delle onde elettromagnetiche e gli effetti sugli spazi indoor e outdoor, in quanto, se è vero che, a fronte di elevate frequenze attribuite al 5G, i segnali di potenza sprigionati dalle small cells risultano inferiori, ciò non si traduce automaticamente in una riduzione delle emissioni elettromagnetiche. Inoltre, la predetta impostazione richiede l’applicazione di un significativo ricorso alla densificazione delle stesse antenne nei territori, al punto da doversi chiedere quanto ciò possa incidere sull’aumento del fondo elettromagnetico in un contesto urbanizzato o in spazi indoor ove si registra una concentrazione elevata di utenti.

Infine, un accenno al soggetto o ai soggetti incaricati di realizzare #Roma5G in regime di partenariato pubblico-privato: il gruppo BAI Communications, una multinazionale australiana “specializzata in infrastrutture passive di telecomunicazioni, a supporto degli operatori mobili”. Non abbiamo elementi per giudicare il valore di questo operatore globale, attivo in Italia “solo” dal 2022, ma con un curriculum internazionale di tutto rispetto; ci chiediamo, piuttosto, il perché l’incarico debba essere affidato per una durata di ben 25 anni!

[1] https://www.key4biz.it/5g-a-roma-100-milioni-per-la-capitale-ma-come-si-fa-senza-le-antenne/439177/

[2]  https://www.romatoday.it/zone/centro/centro/antenne-centro-storico-vista-monumenti.html

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